mercoledì 30 gennaio 2008

L'etimologia della settimana 4: Sapere o sapore?

Sapere e sapore hanno un'origine comune. Una volta erano cugini, poi con il passare del tempo si sono persi e oggi sembra quasi che non si conoscano più.
Entrambi vengono dal latino classico SAPERE che significa prima di tutto aver sapore.

Il sapere oltre ad essere fonte di saggezza è in primo luogo fonte di piacere. Il gusto che c'è nell'assaporare un frutto maturo preso da un albero in piena estate o quello che si prova mentre si sugge una piccola prugna selvatica asprigna è lo stesso di quando si degustano le pagine di un libro o di un saggio. È lo stesso di quando ci si accinge a qualsiasi realtà che ci circonda con cuore curioso e mente attiva.
Naturalmente è necessario educarsi a sentire il sapore dei cibi e delle bevande. Dopo una sigaretta molti sapori si perdono. Il vino si assaggia in modo ben definito per poterne discernere tutti gli odori. A volte abbiamo bisogno di tempo per poter apprezzare il sapore di una nuova spezia che non appartiene alla nostra tradizione culinaria...
Lo stesso vale per la cultura e per ogni forma del sapere. Abbiamo bisogno delle situazioni giuste e di un'educazione all'ascolto di questi nuovi e meravigliosi sapori che costituiscono il sapere e che sempre più sembrano allontanarsi dalla nostra tradizione cultu-culinaria.

Che si possa riacquistare il gusto di as-saporare le cose!

venerdì 18 gennaio 2008

Albert Robida 3 ovvero della letterattura nel futuro.


Passiamo ora all'atro romanzo di anticipazione: "Il ventesimo secolo, romanzo di una parigina di dopodomani". Scritto prima de "La vita elettrica", nel 1983, il libro narra le difficoltà di una giovane donna che ha terminato gli studi e inizia la sua vita lavorativa e sentimentale. Ricordiamo che la vicenda è sempre ambientata nel 1952.
In un passaggio dove si parla della riforma universitaria che ha finalmente prodotto un'educazione esclusivamente pratica, i personaggi intrattengono il lettore in un esilarante dialogo sulle trasformazioni dell'insegnamento della letteratura, divenuta ormai superflua e priva di interesse proprio perchè non ha alcun vantaggio pratico.
Vi propongo la traduzione di un breve passaggio.

- Insomma, mia cara Hélène, giurisprudenza a parte, eccovi diplomata in lettere e scienze!
- Oh! Come sapete non è affatto difficile il diploma in lettere. Per facilitare e abbreviare gli studi letterari, hanno inventato i corsi di letteratura concentrata... Non affaticano molto il cervello... Ora i vecchi classici sono condensati in tre pagine...
- Eccellente! Quei vecchi classici, quegli scellerati greci e latini che tanto hanno fatto penare la povera gioventù d'altri tempi!
- L'operazione che è stata fatta loro subire li ha resi inoffensivi, completamente inoffensivi: ogni autore è stato riassunto in una quartina mnemotecnica che si manda giù senza dolore e si ricorda senza sforzo... Volete la traduzione concentrata dell'Iliade con la notizia sull'autore? Eccola:
Omero, autore greco. Genere: poesia epica. Segni particolari: cieco.

Sotto i muri di Ilion, ohimé, dieci anni son passati!
I Greci han lottato, da Menelao condotti,
da Ulisse, Agamennone e di Peleo il figlio.
Ettore, figlio di Priamo, morì nello scompiglio.

- Brava! Esclamò il Sig. Ponto, è assolutamente sufficiente; io ho nella mia biblioteca un'altra traduzione dell'Iliade in quattro volumi, ma preferisco questa; è più chiara e si legge più facilmente... Nella nostra epoca indaffarata ci vogliono degli autori rapidi e concentrati. Ammiro molto l'uomo di genio che ha inventato la letteratura concentrata.
- Gli autori francesi non hanno bisogno di essere tradotti in quartine, se ne fanno delle condensazioni in versi e in prosa. Abbiamo Corneille condensato in quattro versi:

Il valore non attende il numero delgi anni.
Prendi una sedia, Cinna... ecc.

- È assolutamente sufficiente... mi piacerebbe veder applicare questo sistema di condensazione al teatro; si potrebbe infatti condensare tutto il teatro di Corneille in un solo atto, tutto Racine in un atto, tutto Dumas padre e figlio in un atto, tutto Victor Hugo in un atto, e anche tutto Dennery ugualmente in un atto; si potrebbe facilmente immaginare una trama commovente per collegare i cinque atti. Il pubblico avrebbe, in questo modo, i cinque grandi classici in una sola serata... sarebbe un immenso successo!
- Bisognerebbe condensare tutte le eroine così toccanti di questi autori in una sola donna che sarebbe al contempo Fedra, Ermione, dona Sol, Esmeralda, Anna d'Austria, Madame de Montsoreau o la Signora delle camelie...
- E fare entrare nell'opera tutte le grandi tirate o tutte le frasi celebri: Grazia! Mio Signore, grazia!... Io e il pericolo, siamo fratelli!... Era una nobile figura di vecchio! È troppo tardi!!! ecc, ecc.
- Senza dimenticare la voce del sangue, la lettera fatale, la croce di mia madre, la porta segreta, il forzato innocente, la spada di mio padre, la scala di corda, il veleno dei Borgia...
- Che opera, signori, quella che riunisse tutte queste bellezze! Ne parlerò a uno dei miei amici, un autore drammatico...
- Nei classici concentrati, riprese Hélène, Racine è in quattro versi:

Si, vengo nel suo tempio ad adorare l'eterno...

- E Boileau in quattro versi:

Venti volte sul mestiere rimettete la vostra opera,
Limatela senza stancarvi e limatela ancora...
...
Bossuet in una riga: Madame sta morendo, Madame è morta!... Fenelon in due righe: Mentore, il saggio Mentore...; Voltaire in due versi e due righe; Ponson du Terrail in tre righe: No, Rocambole non era morto... ecc; Victor Hugo in quattro versi; Emile Zola in tre righe: Nel verde scuro e lucente di ammassi di cavoli, mazzi di carote creavano macchie rosse... ecc; Chateaubriand in due righe: L'uomo, questo viaggiatore... ecc.
- È perfetto! Non si può che congratularsi con il grande ministro, il rinnovatore dell'istruzione pubblica che ha così valorosamente rotto con la tradizione e così ammirevolmente semplificato gli studi. In questo modo, la gioventù termina rapidamente i suoi studi letterari e può consarcrare tutto il tempo alle materie serie e pratiche!...

Trad. di Raffaele Severi

giovedì 17 gennaio 2008

Jim Corcoran

Jim Corcoran è un cantautore canadese che pur essendo anglofono ha scelto con nostro grande piacere di cantare in francese. Il suo ultimo album è una perla di poesia e di buona musica e noi per questo lo ringraziamo. Prima di parlarne però ecco a voi due notizie su Jim.

"Si può descrivere il gentleman-cantante come un acrobata del verbo, giocoliere della rima e amante di una seconda lingua diventata prima; interprete sensibile, chitarrista autodidatta, musicista periferico e melomane maniaco; impedisce di pensare in modo conformistico, è un distinto erudito, animatore impegnato, umorista patentato, filosofo modesto; piccolo biondo dalla fronte lunare, con gli occhialini rotondi e il portamento stoico...!
Eric Moreault, Le Soleil, 2000.

James Corcoran nasce nel 1949. Dopo aver terminato i suoi studi secondari e un bacalaureato a Boston, alla fine degli anni sessanta l'ex seminarista torna nel suo Québec natale nel 1970 con l'idea di proseguire gli studi all'Università Bishop di Lennoxville, prima di diventare professore di latino. Avendo sviluppato un forte interesse per la musica, si esercita con la chitarra nelle ore libere. Nel 1972 forma un duo con il cantautore
Bertrand Gosselin e comincia a esibirsi in pubblico. I due compari diventano così le figure di prua della nuova canzone folk quebecchese degli anni '70.
Nel Febbraio 2005 esce questo disco meraviglioso che si intitola "Pages blanches" (Pagine Bianche).
Una delicatezza sorprendente, un amore della lingua raro e raffinato, una musica che trasporta lontano.

Chi volesse provare una piccola degustazione di questa meraviglia può andare in questo sito candese dove si possono ascoltare le sue canzoni e leggere i testi nell'originale francese.
Dopo questa brevissima presentazione vi lascio con la traduzione di una delle più belle canzoni dell'album, quella che gli da il titolo: Elogio della pagina bianca.

Quella pqgina era bella bianca
Lei era bianca
la sapeva lunga
prima che io la toccassi.

Il bianco di quella pagina
non aveva nulla di losco
non era muta prima di me.

E come le notti
che meritano il nostro silenzio
quella pagina avrebbe dovuto
restare bianca.

Lei era bella
era Lei
Lei era bianca.

Esercizio di penna
sulla schiena del bello
Il bianco è dirottato
dalla bic bavosa
Il vuoto attira
una piuma affrettata
Quella pagina era piena... bianca
Trad. di Raffaele Severi

martedì 15 gennaio 2008

L'etimologia della settimana 3

RICORDARE: da RE (di nuovo) + COR, CORDIS (Cuore). Rimettere nel cuore.
Una volta si credeva che la sede della memoria si trovasse nel cuore. Oggi sappiamo che non è così. Ma se il ricordo non risiedesse nel nostro cuore, potremmo forse chiamarlo ri-cor-do?
In nomine consequentia rerum!

Albert Robida 2


Albert scrive libri e li illustra fantasiosamente. Albert ci vede malissimo e dopo aver lavorato qualche anno presso un notaio annoiandosi a morte decide di dare sfogo alla propria creatività. Pubblica un libretto: "Il manuale del perfetto notaio" dove prende in giro il mestiere notarile e si fa licenziare su due piedi. Poco dopo inizia la sua carriera di illustratore presso alcune riviste, fonda anche una sua rivista e si mette a scrivere una quantità incredibile di libri, tutte storie semplici, storie d'amore, storie di uomini e donne che superano difficoltà prevedibili per poter passare la vita insieme. Le trame non sono straordinarie e certamente non scrive come Balzac, ma i suoi libri scorrono bene, le idee sono sempre fresche e originali, e nei suoi romanzi di anticipazione la sua lungimiranza nell'analizzare ciò che sarebbe successo molti anni dopo, oggi cioè, lascia ancora senza fiato il lettore contemporaneo.
Fra i tantissimi libri che Albert ha scritto voglio presentarvene solo alcuni, quelli più particolari e affascinanti.
Oggi parliamo del "Ventesimo secolo, La vita Elettrica". Questo è uno dei tre romanzi che compongono la sua trilogia di anticipazione: Le Vingtième Siècle (1883), La guerre au vingtième Siècle (1887) et La Vie électrique (1892).

In questo fantasmagorico romanzo si vedono sfilare cose straordinarie.
Bus e macchine volanti solcano i cieli di una Parigi ingigantita che possiede ben 51 arrondissements (quartieri). Tutto vola, ci sono perfino chalet aerei che salgono e ridiscendono a seconda delle ore del giorno per permettere ai clienti di godere di un panorama migliore.
Le persone comunicano fra loro con i telefonoscopi (detti anche Tele), enormi schermi piatti a muro dove si vede l'immagine in movimento dell'interlocutore e col quale si possono fare vere e proprie videochiamate e teleconferenze, seguire spettacoli trasmessi dai grandi teatri del globo e seguire perfino corsi universitari a distanza.
Le donne di questa società sono avvocate, dottoresse, ingegnere (sic); portano i pantaloni e fumano per la strada. Sono a capo di partiti politici, scienziate di fama internazionale... elettrici ed eleggibili. Tenete presente che quando il libro fu scritto le donne non avevano diritto di voto e non potevano studiare all'università. La strada per l'emancipazione era ancora lontana.
La guerra ha un'importanza notevole in questa società. Esistono cacciatorpedinieri volanti e alcuni scienziati sviluppano gas tossici da usare contro i nemici, arrivano perfino a creare una vera e propria arma batteriologica, con tanto di antidoto da distribuire ai propri soldati.
La società descritta è una società futura, molto molto vicina alla nostra.
Non manca in questa panoramica che così generosamente Albert ci offre, una critica feroce alla vita dei protagonisti che, secondo l'autore, dovrebbe svolgersi intorno agli anni '50 del 1900.
La rincorsa ai diplomi, la frenesia della vita elettrica che rende gli uomini simili alle bestie, lo snervamento dovuto al contatto con le macchine (congegni d'ogni sorta), il peso del denaro nelle decisioni di ordine pubblico. Insomma un quadro perfetto di quello che noi viviamo oggi.

Qui di seguito riporto la traduzione di un breve brano proprio su queste problematiche.

"L'altro compagno di viaggio, M. Adrien La Héronnière, non è fatto sul modello di Sulfatin, povero cristo! Guardate quest'uomo, gracile e magro, lungo piuttosto che alto, dagli occhi cavi protetti sotto l'occhialetto, dalle guance scavate sotto una fronte immensa, dal cranio rotondo e liscio simile a un uovo di struzzo posto in una specie di cotone rado e filaccioso, tutto ciò che resta della capigliatura, collegato da qualche ciuffo a una barba rada e bianca. Questa testa strana trema e oscilla costantemente nel colletto che sorregge il mento, si collega a un corpo lamentevole e macabro che ha l'apparenza d'uno scheletro vestito del quale ci si stupisce di non sentire sbattere e tintinnare le ossa al minimo soffio. Povero rottame umano, ah!, triste invalido civile, carcassa grinzosa, frantumata, triturata, macinata e scorticata per così dire, da tutti i feroci ingranaggi, le corregge infernali, i meccanismi dall'andatura frenetica di questa terribile macchineria della vita moderna. Per educazione, dareste a questo povero signore un po' meno di settant'anni, pensando di ringiovanirlo, ma, in verità, questo venerabile nonno ne ha solo quarantacinque! Si, Adrien La Héronnière è l'immagine perfetta, cioè spinta fino a un'esagerazione ideale, dell'uomo della nostra epoca anemizzata, snervata; è l'uomo del presente, è il triste e fragile animale umano che l'oltranza veramente elettrica della nostra esistenza trafelata e febbricitante consuma così velocemente, quando egli non ha la possibilità o la volontà di concedere, di tanto in tanto, un riposo al suo spirito stravolto da una tensione eccessiva e continua, e di andare a ritemprare il suo corpo e la sua anima, ogni anno, in un bagno di natura riparatore, nel riposo completo, lontano da Parigi, questo impietoso seviziatore di cervella, lontano dai centri d'affari, lontano dalle sue fabbriche, dai suoi uffici, dai suoi negozi, lontano dalla politica e soprattutto lontano da quei tirannici agenti sociali che ci rendono la vita così snervante e così dura, da tutti i Tele, da tutti i fono, da tutti quei dispositivi senza pietà, pistoni e motori della totalizzante vita elettrica in mezzo alla quale viviamo, corriamo, vogliamo e sospiriamo, trascinati in un formidabile e folgorante turbine! La profonda e lamentevole decadenza fisica delle razze troppo perfezionate appare nettamente presso questo sfortunato bipede che non ha quasi più sembianze umane. Esemplari simili del Re della creazione si incontrano oggi a migliaia nelle nostre grandi città, nei centri d'affari dove la vita moderna, con le sue terribili esigenze, devasta gli organismi snervati fin dalla nascita e poi sovraeccitati intellettualmente dalla cultura a oltranza del cervello, dalla serie ininterrotta di esami torturanti che si insegue, dall'inizio alla fine, dall'entrata all'uscita, in quasi tutte le carriere, per ottenere gli innumerevoli brevetti e diplomi indispensabili."
La vita elettrica (1892)

La traduzione è di Raffaele Severi.

Se volete leggere l'integralità di questo testo (disponibile solo in francese purtroppo, per il momento) potete recarvi sul sito della BNF (Bibliothèque Nationale de France), più esattamente su Gallica, dove il lettore francofono avrà il piacere di trovare alcuni dei libri del nostro Albert.
Ah, dimenticavo, inutile cercare i libri di Albert, non esistono, non sono più pubblicati da oltre ottanta anni, nemmeno in Francia. Dovrete accontentarvi delle poche versioni digitali gentilmente concesse dalla Biblioteca di Francia.
P.S. Una curiosità: il libro è dedicato a Angelo Mariani, amico di Robida. Chi di voi sa di chi si tratta? Forse in uno dei prossimi post parleremo anche di questo.

domenica 13 gennaio 2008

L'etimologia della settimana 2

DESIDERIO: Da DE + SIDUS, SIDERIS (stella). Il desiderio come dice l'etimologia, è la nostalgia nei confronti della nostra stella d'origine, la consapevolezza del fatto che siamo lontani dalla nostra fonte. Ciò che desideriamo è ciò che già abbiamo conosciuto prima. Anche le stelle fanno parte della nostra vita e chi dice il contrario non fa il conto con i propri desiderî.

giovedì 10 gennaio 2008

L'etimologia della settimana

Con questa rubrica apro un appuntamento settimanale con la mia amica etimologia.
Ogni settimana racconterò la storia di una parola, che spesso si confonde con la storia degli uomini. L'etimologia ha il potere, a volte, di dar luce alla realtà in cui viviamo e che spesso diventa banale sotto la banalità di parole abusate. Cerchiamo allora un piccolo raggio di luce.

COMPAGNO: dal latino CUM PANIS. Ricordiamo che il compagno è colui che con-divide il pane con l'altro. Quando pensiamo a qualcuno che definiamo compagno, immaginiamo una dolce serata invernale e due amici stanchi che mangiano un morso di pane.

Albert Robida (1848-1926)


Voglio innanzitutto presentarvi una persona: Albert Robida.
Albert è uno scrittore illustratore di Compiègne, piccola deliziosa città vicino a Parigi.
Chi è Robida? È un personaggio eclettico, un vulcano di idee geniali dette alla riunfusa. Non scrive benissimo e forse per questo è stato completamente dimenticato, ma scrive delle cose geniali e con una lungimiranza che lascia senza fiato.
Per questo motivo cerchiamo di riaprire quel cassetto dell'oblio che ce lo ha nascosto per più di cent'anni.
Per chi sa il francese e vuole farsi un'idea può dare un'occhiata qui.
Gli altri invece potranno leggere i post successivi tutti in italiano!

Buongiorno a tutti!

Buongiorno cari amici!
Inizia qui un viaggio di lettere e idee.
Il mio viaggio e qualche tappa del vostro se lo vorrete.
Il Viaggio.