giovedì 16 ottobre 2008

La meraviglia delle cose vecchie!



Oggi stavo montando un armadio a casa di un caro amico e alla mia domanda: "Hai una scala?", lui con nonchalance è arrivato con una sedia di fine ottocento!
Quale sorpresa?!
Ma niente in confronto a quella provata nel vedere quella vecchia sedia trasformarsi in una scala da interno.
L'inventiva è sempre la stessa. Cambiano i mezzi e le tecnologie, ma l'intelligenza dell'uomo resta invariata.

Ecco allora, con la collaborazione di Enrico, un piccolo omaggio alle vecchie e nuove tecnologie...

sabato 27 settembre 2008

L'etimologia della settimana 8: Clerodendrum.


Cari amici,
qualche giorno fa mi sono inbattutto in una meravigliosa madeleine proustiana che mi ha riportato nella più tenera infanzia.
Nel giardino della casa in cui abitavo giocavo sempre con queste bacche di cui all'epoca non conoscevo il nome.
Poi arrivò l'età adamitica, il tempo di dare un nome alle cose, e di togliere loro un po' di quella poesia persa per sempre.

Beh, cercando di ritrovare il nome di questa pianta, cosa non facile a partire da una fotografia, ho scoperto che si chiama CLERODENDRUM. Il nome mi ha sorpreso non poco!

E così ve ne riporto l'etimologia:

(albero della sorte, della fortuna) dal greco kléros, sorte, destino, e déndron, albero,
forse dovuto al fatto che essendo alcune specie del genere tossiche e altre terapeutiche, il loro utilizzo risultava un po’ come un “tirare a sorte”.

Raffaele

sabato 20 settembre 2008

Viva Multatuli!


Oggi vi parlo di un libro e di un autore a cui purtroppo non si concede lo spazio che meriterebbe!

Edouard Douwes Dekker (1820 - 1887) passa diciotto anni nelle Indie Olandesi come funzionario coloniale prima di tornare in Olanda e pubblicare con lo pseudonimo di Multatuli ("molto ho sopportato") Max Havelar, con un successo straordinario consolidato dalle opere successive. Nominato "il più grande scrittore olandese di tutti i tempi" dalla Società della Letteratura Nederlandese, è nella lista degli eroi nazionali dell'Indonesia indipendente.

Max Havelar è un libro strepitoso che narra le avventure e le imprese di un coraggioso e idealista funzionario delle Indie Olandesi, a Giava.
Ciò che più colpisce nella lettura di questo classico della letteratura mondiale, non è tanto il contenuto per quanto eccellente e idealista esso possa essere, ma la forma e la concezione di un romanzo che sembra inserirsi, con un secolo di avanzo nella avanguardia del romanzo contemporaneo, con la sua forma esplosa, contenitore di molteplici generi e riflesso estetico e di pensiero di un mondo in cambiamento che sempre più richiede l'incontro dell'Altro che ci sta attorno e che ci abita.

Non mi dilungherò oltre! Solo LEGGETELO LEGGETELO E LEGGETELO!!!!

Vi lascio con qualche riga d'introduzione, la più bella che io abbia mai letto!

"Faccio il sensale nel ramo del caffé, e abito in Lauriergracht n. 37. Non è mia abitudine scrivere romanzi o roba del genere, e c'è anche voluto un bel po' prima che mi decidessi a ordinare un paio di risme di carta extra per stendere quest'opera che tu, caro lettore, hai appena reso in mano e devi leggere, se fai il sensale di caffé, o anche se fai qualcos'altro. Non solo io non ho mai scritto nulla che assomigli a un romanzo, ma non mi piace neppure leggere romanzi, perché sono un uomo d'affari. Da anni mi chiedo a cosa possa servire roba simile, e mi stupisco della spudoratezza con cui un poeta o un romanziere vi propinano storie che non sono mai accadute e che, nella maggioranza dei casi, nemmeno possono accadere. [...]"

Un solo piccolo ringraziamento dovuto:
a Iperborea che continua a pubblicare ottimi libri, sconosciuti per lo più a noi sempre più poveri italiani.
a Piero Bernardini Marzolla che ci ha regalato una traduzione splendida.

Raffaele

Manifesto per la soppressione dei partiti politici!


"I partiti sono organismi costituiti in maniera tale da uccidere nelle anime il senso della verità e della giustizia"

Questo piccolo libretto della grandissima Simone Weil è altamente illuminante soprattutto in questo periodo in cui molti cominciano a credere che la democrazia che viviamo oggi non sia esattamente quella che noi stessi abbiamo in mente quando pensiamo al significato del termine democrazia.

Un invito alla lettura di questo libretto senza pretese, ma tanto illuminante.

Vi lascio con un piccolo estratto da cui voi possiate trarre le conclusioni...

"Un uomo che aderisce a un partito ha verosimilmente visto nell'azione e nella propaganda di quel partito cose che gli sono parse giuste e buone. Ma non ha mai studiato la posizione del partito relativamente a tutti i problemi della vita pubblica. Entrando a far parte del partito, accetta posizioni che ignora. Sottomette così il suo pensiero all'autorità del partito. Quando, poco a poco, conoscerà le posizioni che oggi ignora, le accetterà senza esaminarle. È esattamente la stessa situazione di chi aderisce all'ortodossia cattolica concepita come fa San Tommaso."

Per approfondire il rapporto fra Chiesa e partiti vedere in particolare le pagg. 44-48 dello stesso libretto edito da Castelvecchi.

giovedì 18 settembre 2008

Chiesa romanica stupenda.

Oggi voglio farvi partecipare a una dolce emozione estetica.
Se vi avventurate nella bella romagna sulla Marecchiese, poco dopo Novafeltria in un piccolo borgo di nome Antico, potrete trovare una splendida chiesa romanica con un'entrata meravigliosa e che in più ospita al suo interno una dolcissima madonna in ceramica del grande maestro Luca della Robbia. Ammirevole anche un organo ristrutturato del '600.
Beh, a questo punto aspetto i vostri commenti dopo che l'avrete vista! Eh eh. Vi lascio scoprire il resto da soli.
Solo un'altra piccola nota di costume: a pochi chilometri da lì potete anche vedere un'ara sacrificale preistorica che merita davvero una piccola visita!

A presto!

Raffaele

mercoledì 17 settembre 2008

Prima prova blog mobile.

Cari amici spero che la nuova tecnologia mi permetta di essere sempre più presente e vicino a voi!
Un abbraccio a tutti di cuore.
Vi lascio con una piccola foto di un luogo che voi conoscete bene!

raffaele

martedì 3 giugno 2008

La Bibbia Diodati ovvero quando le parole fanno la differenza!


Chiunque conosca il peso delle parole nella vita quotidiana saprà non sottovalutare il peso che le parole assumono nel contesto religioso.
Noi tutti abbiamo letto o ascoltato le parole della Bibbia fin dalla più tenera età e spesso tendiamo a dimenticare che sono parole tradotte. Tutti conoscono il detto secondo il quale tradurre è un po' anche tradire, ma c'è modo e modo di tradire...


Da quando ho scoperto l'esistenza di questa traduzione sui testi originali (conosciuta come Bibbia Diodati, testo fondamentale per tutti i protestanti italiani) ad opera di questo grande uomo di origine lucchese, tale Giovanni Diodati, non ho più potuto, per quella strana cosa che si chiama onestà intelletuale, leggere la bibbia nella versione della Cei.

Vi riporto qui di seguito qualche piccolo esempio.

Cominciamo dalla Genesi:

Diodati
1:1
NEL principio Iddio creò il cielo e la terra. 2 E la terra era una cosa deserta e vacua; e tenebre erano sopra la faccia dell'abisso. E lo Spirito di Dio si moveva sopra la faccia delle acque.
3 E Iddio disse: Sia la luce. E la luce fu. 4 E Iddio vide che la luce era buona. E Iddio separò la luce dalle tenebre. 5 E Iddio nominò la luce Giorno, e le tenebre Notte. Così fu sera, e poi fu mattina, che fu il primo giorno.

CEI
1,1 In principio Dio creò il cielo e la terra. 2 La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
3 Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. 4 Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre 5 e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.


Cantico dei Cantici

Diodati
6 Mettimi come un suggello in sul tuo cuore, Come un suggello in sul tuo braccio; Perciocchè l'amore è forte come la morte, La gelosia è dura come l'inferno. Le sue brace son brace di fuoco, Son fiamma dell'Eterno. 7 Molte acque non potrebbero spegnere quest'amore, Nè fiumi inondarlo; Se alcuno desse tutta la sostanza di casa sua per quest'amore, Non se ne farebbe stima alcuna.

CEI
6 Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l'amore,
tenace come gli inferi è la passione:
le sue vampe son vampe di fuoco,
una fiamma del Signore!
7 Le grandi acque non possono spegnere l'amore
né i fiumi travolgerlo.
Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio.



In un prossimo post vi metterò ancora qualche citazione per rendere più esplicito e visibile quello di cui parlo.
Nel frattempo vi invito ad andarvi a sfogliare la Bibbia Diodati o anche la Nuova Riveduta.
Provare per credere!

Per chi volesse farlo su internet vi consiglio un sito davvero magnifico che ormai è un riferimento!

sabato 31 maggio 2008

Martino Reggiani: uno dei grandi Dilettanti!


foto Raffaele Severi


Vi ho già accennato alla teoria Saviniana del Grande Dilettante!
Oggi ho il piacere di presentarvi un ottimo rappresentante di Grande Dilettante:
Martino Reggiani.

Non vi darò notizie biografiche perchè il Grande Dilettante è sempre uno solo, indipendentemente dal numero delle persone che in ogni tempo e in ogni luogo hanno preso il testimone di questo grande autore e artista Universale, per usare un concetto meravigliosamente espresso dal grandissimo Borges.

Vi lascio qualche poesia e una delle sue canzoni più poetiche...
A voi il sapore!


i valori sono un guerriero
senza tempo nè paese.
gli ideali nascono
per educare una collettività
ai valori.

per l'età stanca del mondo
a volte, ci lasciano per poche ore
per una catarsi di dolore

convinti di riuscire a reggere il nostro pianto.
hanno compreso che è questo soltanto
il nostro vanto.

convinti di riprendere facilmente
le parole che piegano strade
mentre la decaduta retorica
immola così tanti significati
sui propri altari
senza che neanche ci sia un Dio da pregare.

sotto quell'altare.....
abbastanza mani da riempire un popolo
si avvicinano per chiedere il proprio canto
canti pieni di voce
senza più gole dove cadere
sciolti dentro un'esistenza.

Quanta capienza possiede un'esistenza?

ormai solo mondi poco profondi...
e una eternità propria.

ecco la capienza!

ma per noi ora
un valore ha colpito una moltitudine
.......è ideale!
le frontiere sono rotte
popoli interi si sono liberati per incontrarsi

e l'eternità di una esitenza
non è che il margine
di questa nuova intimità.

Martino Reggiani



Avevo tempo
e stavo per mettermi a scrivere due righe
per spiegarvi la mia poesia.
Poi però, è saltata fuori la luna....
ed erano giorni che non la vedevo,sapete?!
una gentile bottiglia di vino si è offerta
di accompagnarmi fuori.
Ha detto
-Ti reggo io le labbra,
mentre tu la guardi!-
...e così, non vi ho scritto niente

Avevo tempo
e stavo per mettermi a scrivere due righe
per spiegarvi la mia poesia.....

...ma sono stato fortunato!

Martino Reggiani




E una delle sue canzoni più famose...



powered by ODEO


E per chi volesse sentire tutte le altre sue canzoni non esitate, ve ne prego, ad andare nella sua pagina Myspace.



giovedì 22 maggio 2008

Wislawa Szymborska



La prima fotografia di Hitler


E chi è questo pupo in vestina?
Ma è Adolfino, il figlio del signor Hitler!
diventerà forse un dottore in legge
o un tenore dell'opera di Vienna?
Di chi è questa manina, di chi,
e gli occhietti, il nasino?
Di chi il pancino pieno di latte,
ancora non si sa:
d'un tipografo, d'un mercante, d'un prete?
Dove andranno queste buffe gambette, dove?
Al giardinetto, a scuola, in ufficio,
alle nozze magari con la figlia del sindaco?
Bebè, angioletto, tesoruccio,
piccolo raggio,
quando un anno fa veniva al mondo
non mancavano segni
nel cielo e sulla terra:
un sole primaverile, gerani alle finestre,
musica d'organetto nel cortile,
un fausto presagio nella carta velina rosa,
prima del parto
un sogno profetico della madre:
se sogni un colombo - è una lieta novella,
se lo acchiappi - giungerà a chi hai a lungo atteso.
Toc, toc, chi è?
è il cuoricino di Adolfino.
Ciucciotto, pannolino,
bavaglino, sonaglio,
il bimbetto,
lodando Iddio e toccando ferro,
è sano.
Somiglia ai genitori,
al gattino nel cesto,
ai bambini
di tutti gli album di famiglia.
Beh, adesso non piangeremo mica,
il fotografo farà clic sotto la tela nera.
Atelier Klinger, Grabenstrasse Braunau,
e Braunau è una cittadina piccola,
ma dignitosa,
ditte solide, vicini dabbene,
profumo di torta e di sapone da bucato.
Non si sentono cani ululare
né i passi del destino.
L'insegnante di storia allenta il colletto
e sbadiglia sui quaderni.



Un piccolo spunto meraviglioso della grande poetessa polacca, premio Nobel 1996.
In altre parole: la banalità del male, una lezione da non scordare mai, per noi e soprattutto per l'insegnante di Storia!



L'Elogio della Mosca



ENCOMIO DELLA MOSCA.

La mosca non è il più piccolo de’ volatili, se si paragona alle zanzare, ai tafani, e ad altri più tenui insetti; ma di tanto è maggiore di questi, di quanto è minore dell’ape. È alata non come gli altri, che hanno piume per tutto il corpo, e penne più forti per volare, ma come i grilli, le cicale e le api. Ha le ali d’una membrana tanto più dilicata delle altre, quanto una veste indiana è più sottile e morbida d’una greca; e di color cangiante, come i pavoni, se si guarda bene quando si compiace di sciorinarle al sole. Vola non come i pipistrelli sbattendo l’ali continuamente, nè come i grilli a salto, nè come le vespe con violenza e stridore, ma piegasi facilmente per ogni verso che vuole nell’aere. Ed ha ancora un’altra cosa, che non vola in silenzio, ma fa un certo suono, non acerbo come quello delle zanzare e dei tafani, non ronzante come delle api, non pauroso e minaccioso come delle vespe, ma di tanto più melodioso, di quanto il flauto è più soave della tromba e dei cembali. Dell’altre parti del corpo la testa piccolissima è attaccata al collo, e gira intorno, e non è fissa come quella dei grilli; gli occhi sporti in fuori, e molto simili al corno; il petto ben formato, donde si spiccano i piedi, non molto stretti come quei delle vespe; il ventre è munito anch’esso, come una corazza, di larghe fasce e di squame. Si difende non con la coda, come la vespa e l’ape, ma con la bocca, e la proboscide, che ha come quella dell’elefante, e con la quale si pasce, e piglia, e si attacca, e ci ha come una ciotoletta alla punta: da questa esce un dente, con cui punge, e poi beve il sangue: beve anche il latte, ma il sangue le è dolce, ed ella non fa punture molto dolorose. Ha sei piedi, e cammina con soli quattro, usando de’ due davanti come di mani: ed è bello vederla camminare su quattro piedi, portante tra le mani sollevata qualche briciola, proprio a guisa umana e come facciamo noi. Nasce non così come è, ma prima verme, da cadaveri di uomini e d’altri animali; indi a poco spicca i piedi, mette l’ali, e di rettile diventa volatile: ingravida, e partorisce un picciol verme, che dipoi è mosca. Vivendo in compagnia degli uomini, nella stessa casa, alla stessa mensa, si ciba di ogni cosa, tranne l’olio, che è la sua morte, se ne beve. Ed essendo di corta vita (chè brevissimo spazio l’è assegnato a vivere), vuole stare sempre in piena luce, e farvi tutti i fatti suoi. La notte sta cheta, e non vola, nè ronza, ma per paura si raccoglie e non si move. Di accorgimento posso dire che ne mostra assai quando sfugge il suo insidiatore e nemico, il ragno; il quale l’apposta, ed essa lo guarda di fronte, declinando l’assalto, per non essere presa nelle reti, nè cader tra le branche di quell’animaletto. Del suo coraggio e della sua forza non dobbiamo parlar noi; ma il più magnifico dei poeti Omero, volendo lodare un fortissimo eroe, non lo paragona per forza al leone, al pardo, al cinghiale, ma alla mosca, per l’ardire e l’intrepidezza e la perseveranza del suo assalto: e dice ardire non temerità; chè scacciata, dic’egli, non vassene, ma pur torna al mordere.
Tanto si compiace di lodare la mosca, che non una volta sola nè in poche parole fa menzione di lei, ma spesso, ed il verso si abbellisce quando ne ricorda. Ora descrive uno sciame di mosche che vola sul latte: ed ora quando Pallade svia la saetta da Menelao acciocchè non lo colga in parte vitale, rassomigliandola ad una madre che veglia sul suo pargoletto dormente, ei porta un’altra volta la mosca per paragone. E dice anche bellamente che esse vanno in serrate frotte, e i loro sciami chiama genti. Tanto poi è gagliarda che quando morde, trapassa non pure la pelle dell’uomo, ma del bue ancora e del cavallo, e fa male all’elefante entrandogli tra le rughe, e con la sua proboscide, secondo la sua grandezza, offendendolo. Nel mescolarsi e congiungersi sono liberissime: e il maschio non come i galli monta e scende subito, ma resta molto tempo a cavallo alla femmina; ed ella porta il marito, e insieme volano per l’aria così congiunti senza che il volo li disturbi. Se le mozzi il capo, la mosca vive molto col resto del corpo, e respira. Ma la più gran cosa che è nella sua natura voglio dirla io, perchè mi pare che Platone questa sola cosa trascurò nel suo discorso su l’immortalità dell’anima. La mosca morta, sparsavi cenere sopra, risuscita, si rigenera, e rivive un’altra vita da capo; cosa da persuadere tutto il mondo che l’anima anche delle mosche è immortale, perchè ella ritorna, e riconosce, e suscita il corpo, e fa volare la mosca; e cosa che fa tenere per vera la favola di Ermotimo di Clazomene, il quale aveva una specie di anima che spesso lo lasciava, e se n’andava pe’ fatti suoi, poi tornava, rientrava nel corpo, e faceva rizzare Ermotimo.
La mosca oziosa e scioperata fruisce delle fatiche altrui, e da per tutto trova mensa imbandita: le capre sono munte per lei, l’ape lavora per lei come per gli uomini, e i cuochi per lei condiscono le più savorose vivande, che ella assaggia prima dei re, e aggirandosi su le mense, banchetta con loro e gusta di ogni cosa. Covo o nido non fa in un luogo, ma col vagante volo va errando di qua e di là, a guisa degli Sciti, e dovunque la notte la sorprende, quivi fa casa e letto.
Intanto all’oscuro non fa niente, come ho detto, nè facendo cosa suole nasconderla, nè crede turpe ciò che fa in piena luce. Conta la favola che una volta c’era una donna chiamata Mosca, assai bella, ma ciarliera, chiacchierina, e canterina, e rivale della Luna, che tutte e due erano innamorate d’Endimione. E poi perchè quando il garzone dormiva ella lo svegliava continuamente ruzzando, cantando, ballando, quei se ne sdegnò, e la Luna che l’odiava la mutò in mosca: e però essa ora rompe il sonno a tutti quei che dormono, ricordandosi ancora di Endimione, e specialmente ai più giovani e più delicati. E quel suo mordere, e quel suo desiderio di sangue non è ferocia, ma segno di amore che porta ai giovani, dei quali ella gode come può, e ne sfiora la bellezza. Fu ancora negli antichi tempi una donna di questo nome, poetessa, molto bella e savia. Ed un’altra cortigiana famosa in Atene, della quale il comico poeta diceva: Questa Mosca gli ha morso proprio il cuore.
Così la comica leggiadria non isdegnò, e la scena non ributtò il nome della mosca: nè i
genitori hanno a vergogna di chiamare così le loro figliuole. Anzi con grande lode la Tragedia
ricorda della mosca in quei versi:

Oh che brutta vergogna! Anche la mosca
Con forte petto salta addosso all’uomo,
Ghiotta di sangue; e voi uomini armati,
Voi sbigottir delle nemiche lance!

Avrei molte cose a dire di Mosca la Pitagorica, se la sua istoria non fosse nota a tutti. Ci sono ancora alcune mosche assai grandi, che alcuni chiamano soldatesche, ed altri canine: fanno un asprissimo ronzio, ed hanno un volo velocissimo; vivono lungamente, e durano tutto l’inverno senza cibo, standosi attaccate specialmente alle soffitte. Una cosa è maravigliosa in queste, che esse fanno insieme e da maschio e da femmina, e montano ciascuna alla sua volta, come quel figliuolo di Venere e di Mercurio, che aveva doppia natura e doppia bellezza. Molto altro avrei da dire, ma basta qui, per non fare, come dice il proverbio, d’una mosca un elefante.

Luciano di Samosata scrisse questa piccola orazione per dimostrare che poteva parlare di qualunque cosa e far apparire bella anche una bestiola disprezzata da tutti in tutti i tempi.
Non so se funzionerà con voi, cari amici lettori, ma per me non è più stato possiblie guardare una mosca senza pensare, almeno per un attimo a questa storiella.

La traduzione è di Luigi Settembrini è splendida. Ricordiamoci che fu scritta in carcere durante la restaurazione borbonica fra il 1851 e il 1859! Per chi amasse questi autori c'è un libro imperdibile e ormai introvabile che unisce le traduzioni di Settembrini alle note e introduzioni di Alberto Savinio. Settembrini, Luciano e Savinio... i fantastici tre! É in questo libricino che Savinio delinea la sua teoria sul Grande Dilettante, della quale un giorno vi parlerò senz'altro!


venerdì 9 maggio 2008

Arte di vaso o vaso d'arte?

Nell'ultimo viaggio a Gand davanti ad un ristorante c'era uno strano essere seduto sulla soglia.
Essere simpatico e senza pretese estetiche.
Eccolo qui:




Giorgio Massari e la sua scala...


Un piccolo spunto architettonico.
In una visita a Venezia mi sono imbattuto in una scala meravilgiosa.
La foto non è molto bella, a causa delle difficili condizioni e della mancanza di mezzi tecnici adeguati.
L'architetto è Giorgio Massari (1687-1766) esponente importante del tardo barocco veneziano e la scala si trova nel complesso degli Artigianelli, di fianco alla chiesa dei Gesuati, sul canale della Giudecca.

Foto di Raffaele Severi

L'etimologia della settimana 7: Calendula


Circa l'etimologia del nome "calendula" ci sono diverse scuole di pensiero: c'è chi sostiene che il nome derivi dal latino "calendae=primo giorno del mese" per indicare che fiorisce il primo giorno di ogni mese per buona parte dell'anno (in senso figurato, vale a dire che fiorisce tutti i mesi). Un'altra scuola di pensiero sostiene invece che derivi da "calendario" poichè segna il ritmo del giorno aprendosi al mattino e chiudendosi al calar del sole e per questo motivo nei testi medievali si chiamava "solis sponsa = sposa del sole".

Foto di Raffaele Severi

Un mondo di colori!


Cari amici,

Immaginate un mondo a colori dove ogni casa possiede un colore sgargiante differente da quello delle case vicine.
In francese "colore" è una parola femminile, e forse è più giusto perchè il colore feconda e fa partorire i nostri occhi, i nostri sguardi e le nostre vite così spesso in bianco e nero.

Burano mi ha regalato generosamente queste imagini e questa piccola riflessione, e io la rimetto a voi così come è arrivata!









Foto di Raffaele Severi

domenica 23 marzo 2008

Buona Pasqua a tutti!

Il nome Pasqua deriva dall'ebraico PESACH (aramaico PASCHA) passaggio, liberazione, dall'ebraico PASACH, passare oltre. Si riferisce all'angelo sterminatore e alla decima piaga d'Egitto quando l'angelo della morte "passò oltre" le porte segnate con il sangue dell'agnello, risparmiando così i primo geniti.
Dalla nascita del Cristianesimo il passaggio è quello dalla morte alla Vita, la Resurrezione di Cristo.

Una curiosità: presso i nostri cugini anglosassoni Pasqua si dice Easter. In tedesco invece si dice Ostern.
Queste due parole derivano da Eostre, divinità germanica legata alla fertilità e alla primavera, alla rinascita della natura dunque.

Sia l'origine delle uova di pasqua, prima vere poi solo dal 1900 di cioccolata, sia quella dei coniglietti (o lepri) di Pasqua, sono entrambe da collegarsi a miti precristiani e pagani in cui questi simboli erano senza dubbio legati alla fertilità.

venerdì 21 marzo 2008

L'etimologia della settimana 6: Crisalide


Crisalide: dal greco khrusallis, -idos; da khrusos "oro", probabilmente per il colore del bozzolo.

Vi riporto anche la definizione del Grande Dizionario Utet, perché particolarmente significativa:

1 In molti insetti, specialmente Lepidotteri Coleotteri e Ditteri: stadio larvale durante il quale l'insetto ha già assunto la forma adulta e attende la metamorfosi finale sospeso a un filo sericeo o rinchiuso in bozzolo di seta
2 figurato: stadio di uno sviluppo, di un processo ancora incompleto

Per completare la nostra riflessione etimologica vi riporto una poesia meravigliosa scritta ormai un secolo fa da un giovane Goriziano che conobbe un destino tragico: sto parlando di Carlo Michelstaedter. Per chi volesse saperne di più (spero che siate in molti) vi mando all'indirizzo di Wikipedia che contiene in calce una serie di link molto interessanti e utili, dai quali potrete leggere anche molte altre sue poesie.
Se invece volete comprare un bel libro guardate presso l'editore Adelphi che ha pubblicato diversi suoi libri.

Un ultima cosa prima di lasciarvi alla lettura di questa bellissima poesia. Sappiate che Carlo si è sparato il 17 Ottobre 1910 davanti alla sua tesi di Laurea "La Persuasione e la Rettorica" a soli 23 anni.

Il canto delle crisalidi

Vita, morte,
la vita nella morte;
morte, vita,
la morte nella vita.

Noi col filo
col filo della vita
nostra sorte
filammo a questa morte.

E più forte
è il sogno della vita -
se la morte
a vivere ci aita

ma la vita
la vita non è vita
se la morte
la morte è nella vita

e la morte
morte non è finita
se più forte
per lei vive la vita.

Ma se vita
sarà la nostra morte
nella vita
viviam solo la morte

morte, vita,
la morte nella vita;
vita, morte,
la vita nella morte. -

Carlo Michelstaedter

lunedì 17 marzo 2008

Ah l'amore!


L'amore romantico, l'amore solare, l'amore entusiasta...
L'amore è una realtà meravigliosa, ma questo lo sapevate già!
Il sesso fa parte di questa realtà ed è ammantato di mille ambiguità.
C'è il sesso giocoso, quello tenero e dolce, quello selvaggio ed animalesco.
Poi ci sono le mille altre forme forse più dark, spesso alienanti.
Ma una cosa, svelataci bene da Freud e che tutti ormai sanno è che amore (sesso incluso) e morte sono tutt'uno.
Da dove viene questo binomio, questo legame così stretto?

Nessuno lo sa, ma guardate un po' da dove nasce Afrodite, grande dea dell'amore!

- Mes chers enfants, fils d'un père coupable, si vous voulez obéir, nous tirerons vengeance de l'action injurieuse de votre père, car, le premier, il a médité un dessin cruel. Elle parla ainsi et la crainte les envahit tous, et aucun d'eux ne parla. Enfin, ayant repris courage, le grand et subtil Kronos répondit ainsi à sa mère vénérable : - [170] Mère, certes, je le promets, j'accomplirais cette vengeance. En effet, je n'ai plus de respect pour notre père, car, le premier, il a médité un dessein cruel. Il parla ainsi, et la grande Gaia se réjouit dans son cœur. Et elle le cacha dans une embuscade, et elle lui mit en main la faux aux dents tranchantes, et elle lui confia tout son dessein. Et le grand Ouranos vint, amenant la nuit, et, sur Gaia, plein d'un désir d'amour, il s'étendit tout entier et de toutes parts. Et, hors de l'embuscade, son fils le saisit de la main gauche, et, de la droite, il saisit la faux horrible, immense, [180] aux dents tranchantes. Et les parties génitales de son père, il les coupa rapidement : et il les rejeta derrière lui. Et elles ne s'échappèrent point en vain de sa main. Toutes les gouttes qui en coulèrent, sanglantes, Gaia les recueillit; et, les années étant révolues, elle enfanta les robustes Erinnyes et les grands Géants aux armes éclatantes, tenant en main de longues lances, et les Nymphes que sur la terre immense on nomme Mélies. Et les parties qu'il avait coupées : Kronos les mutila avec l'acier, et il les jeta, de la terre ferme, dans la mer aux flots agités. [190] Elles flottèrent longtemps sur la mer, et une blanche écume jaillit du débris immortel, et une jeune fille en sortit. Et, d'abord, vers la divine Kythérè celle-ci fut portée ; et, de là, dans Kypros entourée des flots. Elle aborda, la belle et vénérable Déesse, et l'herbe croissait sous ses pieds charmants. Et elle fut nommée Aphroditè, la Déesse aux belles bandelettes, née de l'écume, et Kythéréia, par les Dieux et par les hommes. Aphroditè, parce que de l'écume elle avait été nourrie, et Kythéréia, parce qu'elle aborda Kythérè ; et Kyprigénéia, parce qu'elle arriva dans Kypros entourée des flots, [200] et Philommèdéa, parce qu'elle était sortie des parties génitales.

Quella che vi ho messo qui è la traduzione della Teogonia di Esiodo di Charles Marie René Leconte de Lisle particolarmente bella e poetica.

Per chi volesse leggerla in Italiano vi metto qui il link alla traduzione italiana da cui ho preso l'estratto che riporto qui sotto:

«Figli che a un padre senza pietà generai, se volete udirmi, or vendicare potremo gli affronti del padre vostro, che ai vostri danni rivolse per primo il pensiero». Cosí disse; ma tutti coglieva terrore, né alcuno parlava. Il grande Crono fe' cuore, l'accorto pensiero, ed alla sacra madre si volse con queste parole: «O madre, io ti prometto di compier l'impresa: ad effetto la recherò: ché nulla del tristo mio padre m'importa: ché egli ai nostri danni rivolse per primo la mente». Cosí rispose; e molto la Terra, l'immane, fu lieta. Ed in agguato allora lo ascose, ed in mano gli pose quella dentata falce, l'inganno tramò tutto quanto. E venne Uràno, il grande, recando la notte, e bramoso.Esiodo Teogonia 5 d'amor, tutto incombé su la terra, su lei tutto quanto si stese; ed ecco il figlio, la manca avventò dall'agguato, ad afferrarlo, impugnò con la destra la falce tremenda, lunga, dentata, e al padre d'un colpo recise le coglie, e dietro sé le gittò nel mare, ché via le portasse. ERINNI, GIGANTI, NINFE MèLIE Né fu che senza effetto gli uscissero quelle di mano; però che quante lí ne sprizzarono stille di sangue, le accolse tutte quante la Terra; e col volger degli anni, l'Erinni generò tremende, e gl'immani Giganti, lucidi in armi, strette nel pugno le lunghe zagaglie, e quelle Ninfe che Mèlie son dette sovressa la terra. AFRODITE E le vergogne, cosí come pria le recise col ferro, dal continente via le scagliò nell'ondísono mare. Cosí per lungo tempo nel pelago errarono; e intorno all'immortale carne sorgea bianca schiuma; e nutrita una fanciulla ne fu, che prima ai santissimi giunse uomini di Citèra. Di Cipro indi all'isola giunse. E qui dal mare uscí la Dea veneranda, la bella; ed erba sotto i piedi suoi morbidi crebbe; e Afrodite la chiamano gli Dei, la chia mano gli uomini: ch'ella fu dalla spuma nutrita: Ciprigna anche è detta, da Cipro ov'ella anche approdò: Citerèa perché giacque a Citera; e genïale perché dalle membra balzò genitali.

Crono (il tempo) evira Urano (il cielo) che possedeva Gea (la terra) senza sosta.
Dalle gocce di sangue nacquero le Erinni, vendicatrici dei delitti familiari e dai genitali di Urano buttati a mare, confusa nel bel mezzo di una schiuma spermatica, sorse Afrodite, dea dell'amore!

Ricordate dunque, uomini tutti, che la bellezza e l'amore più alto nacque da una violentissiima e cruente castrazione!

L'etimologia della settimana 5: ORCHIDEA
















Cosa c'è di più bello di un'orchidea in fiore scorta un po' nascosta durante una serena passeggiata primaverile. Quel fiore dal petalo sensuale, denso, luminoso e attirante sprigiona da sé un'enorme energia erotica.
Ma perché?
Ancora una volta l'etimologia risponde alle nostre curiosità!

Orchidea: dal greco òrchis, propriamente testicoli, dalla forma del tubero dell'orchidea che ricordò a Plinio il Vecchio quella dei genitali maschili.

Ecco allora svelato il mistero.

Per farvi un regalo vi metto un estratto delle Storie Naturali di Plinio:

liber xxvi
lxii
95

Sed inter pauca mirabilis est orchis herba sive serapias, foliis porri, caule palmeo, flore purpureo, gemina radice testiculis simili, ita ut maior sive, ut aliqui dicunt, tenuior ex aqua pota excitet libidinem, minor sive mollior e lacte caprino inhibeat. quidam folio scillae esse dicunt leviore ac minore, caule spinoso. radices sanant oris ulcera, thoracis pituitas, alvum sistunt e vino potae.


But there are few plants of so marvellous a nature as the orchids or serapias, a vegetable production with leaves like those of the leek, a stem a palm in height, a purple flower, and a twofold root, formed of tuberosities which resemble the testes in appearance. The larger of these tuberosities, or, as some say, the harder of the two. taken in water, is provocative of lust; while the smaller, or, in other words, the softer one, taken in goat's milk, acts as an antaphrodisiac. Some persons describe this plant as having a leaf like that of the squill, only smoother and softer, and a prickly stem. The roots heal ulcerations of the mouth, and are curative of pituitous discharges from the chest; taken in wine they act astringently upon the bowels.

Molto carina e completamente disponibile in inglese è la traduzione che potete trovare gratuitamente sulla rete: Second English translation by John Bostock and H. T. Riley, 1855 di cui sopra vedete un piccolo pezzettino.

E ricordate: In nomine consequentia rerum!

foto di Raffaele Severi

giovedì 13 marzo 2008

Fred e il popolo dei disillusi.


Ho ripreso in mano (o meglio nelle orecchie) due vecchi cd con i più grandi successi di Fred Buscaglione. Li ascolto mentre vado al lavoro da ormai una settimana.
Sono stato invaso da un senso di rabbia e di nostalgia.
Nelle sue canzoni si sente tutta la voglia di vivere, un po' spavalda, all'italiana.
Il secondo dopoguerra è stato doloroso e difficile, ma quanta fiducia era riposta nel futuro. Dopo quegli anni durissimi finalmente c'era un popolo e una nazione (una Repubblica) che voleva nascere e diventare adulta. Si, perché era una nazione adolescente e in quanto tale vogliosa di novità, entusiasta, ciaciarona. Era il volto autentico dell'Italia. Quella che oggi non c'è più.

Siamo noi il popolo dei disillusi. Adolescenti invecchiati prima del tempo. Giovani adulti che non credono più in nessun possibile cambiamento sociale se non in quello che mi piace chiamare l'alternativa individuale. Siamo un popolo disperato. Mai più di ora, in questo momento di schizofrenia elettorale, ciò era saltato con tanta chiarezza ai nostri occhi.

Bene, dopo questa brevissima considerazione inattuale vi lascio con un testo del grande Fred che per fortuna continua a sollazzarci con il suo magnifico swing!
A presto!

VOGLIO SCOPRIR L’AMERICA !!!

Il signor Cristoforo Colombo
che la terra fosse tonda sospettò
e così per scoprire un nuovo mondo
alla corte di Spagna si recò

Lo disse alla Regina,
lo disse pure al Re
e l’indoman mattina
lo disse ad altri tre
Ed i dotti venuti a Salamanca
seduti sulla panca
lo stettero a sentir!

Voglio scoprir l’America,
New York e il Dixieland
la gomma che si mastica
al tempo di jazz band
Voglio scoprir l’America,
il gioco del baseball
i gangster che passeggiano
col mitra ad arma col!

Finalmente incontrerò Jesse il bandito
pranzerò con Shan-Gai- Li
con il capo dei sioux Toro seduto
e col grande Buffalo Bill

Voglio scoprir l’America
non ditemi di no
tre caravalle datemi
io ve la scoprirò

S’affannò Cristoforo Colombo
ma quei dotti che lo stavano a sentir
certi che non ci fosse un nuovo mondo
lì per lì non lo vollero capir

lo seppe la Regina
lo seppe pure il Re
e l’indoman mattina
lo sepper gli altri tre
e così ritornato a Salamanca
ai dotti sulla panca
Colombo ancor parlò

Voglio scoprir l’America
la Marilyn Monroe
la donna supersonica
che l’atomo spezzò

vive laggiù in America
la bella Marilyn
che ancheggia assai più morbida
di un ritmo medium swing

Ha più curve di una strada di montagna
chi la vede può impazzir

figuratevi signori che cuccagna
se io la potrò rapir
Se scoprirò in America
la Marilyn Monroe
signori miei contateci
io qui ve la porterò

Ed i dotti
saliti sulla panca
muovendo un poco l’anca
gli dissero di sì

Per farvi un regalo vi aggiungo anche il link del video di "Che bambola"!

sabato 2 febbraio 2008

I capelli

Con questo post iniziamo una nuova rubrica dedicata ai capelli. 
I capelli sono sempre stati estremamente importanti dal punto di vista estetico e questo perchè richiamano in noi, inconsciamente, un simbolo archetipale che non riusciamo ad identificare o a riconoscere.
Con questi post ci proponiamo di avviare un'indagine che ci porti alla fonte, all'origine del significato di questo simbolo.
Inutile dire che non sappiamo dove questa ricerca ci porti e tantomeno quale ne sarà la conclusione.
Ci si auguri buona fortuna per aver intrapreso una ricerca che a tutti sembrò non degna di essere portata avanti e ci si perdoni per questo tuffo nella Vanità. È nostra convinzione tuttavia che fra peso e leggerezza ci sia un punto di contatto ed un legame stretto. Ci si permetta con tolleranza di cercarlo.

E tu, regina, quando guardando le
stelle, la divina Venere placherai
nei giorni di festa, non lasciarmi
priva di sangue, ma piuttosto fa,
con munifiche offerte,
(perchè duplicare le stelle?) che
io divenga ormai chioma
regale!


Catullo, Carme LXVI, vv. 89-93

Riportiamo questo splendido carme di Catullo a testimonianza del fatto che i capelli hanno sempre avuto un significato simbolico estremamente forte, anche se già nell'antichità se ne era persa l'origine. In Catullo è la chioma che parla, una personificazione già di per sé significativa. La chioma di Berenice viene sacrificata insieme al sangue di innumerevoli tori. Berenice disperata per la sorte del marito, sacrifica ciò che ha di più importante: i suoi capelli. Abbiamo altri esempi numerosi di questa pratica. Sacrificare i capelli come omaggio, come nel caso di Achille in onore di Patroclo nell'Iliade, o come nel caso di Anzia e Abrocome, nel tardo romanzo di Senofonte Efesio, in cui Anzia si recide una ciocca di capelli da cosacrare al Sole come preghiera per Abrocome.
Nella nostra cultura ellenico-giudaico-cristiana il taglio di capelli ha sempre avuto un forte valore simbolico, ma a quanto pare nessuno ne ha finora individuato l'origine.

mercoledì 30 gennaio 2008

L'etimologia della settimana 4: Sapere o sapore?

Sapere e sapore hanno un'origine comune. Una volta erano cugini, poi con il passare del tempo si sono persi e oggi sembra quasi che non si conoscano più.
Entrambi vengono dal latino classico SAPERE che significa prima di tutto aver sapore.

Il sapere oltre ad essere fonte di saggezza è in primo luogo fonte di piacere. Il gusto che c'è nell'assaporare un frutto maturo preso da un albero in piena estate o quello che si prova mentre si sugge una piccola prugna selvatica asprigna è lo stesso di quando si degustano le pagine di un libro o di un saggio. È lo stesso di quando ci si accinge a qualsiasi realtà che ci circonda con cuore curioso e mente attiva.
Naturalmente è necessario educarsi a sentire il sapore dei cibi e delle bevande. Dopo una sigaretta molti sapori si perdono. Il vino si assaggia in modo ben definito per poterne discernere tutti gli odori. A volte abbiamo bisogno di tempo per poter apprezzare il sapore di una nuova spezia che non appartiene alla nostra tradizione culinaria...
Lo stesso vale per la cultura e per ogni forma del sapere. Abbiamo bisogno delle situazioni giuste e di un'educazione all'ascolto di questi nuovi e meravigliosi sapori che costituiscono il sapere e che sempre più sembrano allontanarsi dalla nostra tradizione cultu-culinaria.

Che si possa riacquistare il gusto di as-saporare le cose!

venerdì 18 gennaio 2008

Albert Robida 3 ovvero della letterattura nel futuro.


Passiamo ora all'atro romanzo di anticipazione: "Il ventesimo secolo, romanzo di una parigina di dopodomani". Scritto prima de "La vita elettrica", nel 1983, il libro narra le difficoltà di una giovane donna che ha terminato gli studi e inizia la sua vita lavorativa e sentimentale. Ricordiamo che la vicenda è sempre ambientata nel 1952.
In un passaggio dove si parla della riforma universitaria che ha finalmente prodotto un'educazione esclusivamente pratica, i personaggi intrattengono il lettore in un esilarante dialogo sulle trasformazioni dell'insegnamento della letteratura, divenuta ormai superflua e priva di interesse proprio perchè non ha alcun vantaggio pratico.
Vi propongo la traduzione di un breve passaggio.

- Insomma, mia cara Hélène, giurisprudenza a parte, eccovi diplomata in lettere e scienze!
- Oh! Come sapete non è affatto difficile il diploma in lettere. Per facilitare e abbreviare gli studi letterari, hanno inventato i corsi di letteratura concentrata... Non affaticano molto il cervello... Ora i vecchi classici sono condensati in tre pagine...
- Eccellente! Quei vecchi classici, quegli scellerati greci e latini che tanto hanno fatto penare la povera gioventù d'altri tempi!
- L'operazione che è stata fatta loro subire li ha resi inoffensivi, completamente inoffensivi: ogni autore è stato riassunto in una quartina mnemotecnica che si manda giù senza dolore e si ricorda senza sforzo... Volete la traduzione concentrata dell'Iliade con la notizia sull'autore? Eccola:
Omero, autore greco. Genere: poesia epica. Segni particolari: cieco.

Sotto i muri di Ilion, ohimé, dieci anni son passati!
I Greci han lottato, da Menelao condotti,
da Ulisse, Agamennone e di Peleo il figlio.
Ettore, figlio di Priamo, morì nello scompiglio.

- Brava! Esclamò il Sig. Ponto, è assolutamente sufficiente; io ho nella mia biblioteca un'altra traduzione dell'Iliade in quattro volumi, ma preferisco questa; è più chiara e si legge più facilmente... Nella nostra epoca indaffarata ci vogliono degli autori rapidi e concentrati. Ammiro molto l'uomo di genio che ha inventato la letteratura concentrata.
- Gli autori francesi non hanno bisogno di essere tradotti in quartine, se ne fanno delle condensazioni in versi e in prosa. Abbiamo Corneille condensato in quattro versi:

Il valore non attende il numero delgi anni.
Prendi una sedia, Cinna... ecc.

- È assolutamente sufficiente... mi piacerebbe veder applicare questo sistema di condensazione al teatro; si potrebbe infatti condensare tutto il teatro di Corneille in un solo atto, tutto Racine in un atto, tutto Dumas padre e figlio in un atto, tutto Victor Hugo in un atto, e anche tutto Dennery ugualmente in un atto; si potrebbe facilmente immaginare una trama commovente per collegare i cinque atti. Il pubblico avrebbe, in questo modo, i cinque grandi classici in una sola serata... sarebbe un immenso successo!
- Bisognerebbe condensare tutte le eroine così toccanti di questi autori in una sola donna che sarebbe al contempo Fedra, Ermione, dona Sol, Esmeralda, Anna d'Austria, Madame de Montsoreau o la Signora delle camelie...
- E fare entrare nell'opera tutte le grandi tirate o tutte le frasi celebri: Grazia! Mio Signore, grazia!... Io e il pericolo, siamo fratelli!... Era una nobile figura di vecchio! È troppo tardi!!! ecc, ecc.
- Senza dimenticare la voce del sangue, la lettera fatale, la croce di mia madre, la porta segreta, il forzato innocente, la spada di mio padre, la scala di corda, il veleno dei Borgia...
- Che opera, signori, quella che riunisse tutte queste bellezze! Ne parlerò a uno dei miei amici, un autore drammatico...
- Nei classici concentrati, riprese Hélène, Racine è in quattro versi:

Si, vengo nel suo tempio ad adorare l'eterno...

- E Boileau in quattro versi:

Venti volte sul mestiere rimettete la vostra opera,
Limatela senza stancarvi e limatela ancora...
...
Bossuet in una riga: Madame sta morendo, Madame è morta!... Fenelon in due righe: Mentore, il saggio Mentore...; Voltaire in due versi e due righe; Ponson du Terrail in tre righe: No, Rocambole non era morto... ecc; Victor Hugo in quattro versi; Emile Zola in tre righe: Nel verde scuro e lucente di ammassi di cavoli, mazzi di carote creavano macchie rosse... ecc; Chateaubriand in due righe: L'uomo, questo viaggiatore... ecc.
- È perfetto! Non si può che congratularsi con il grande ministro, il rinnovatore dell'istruzione pubblica che ha così valorosamente rotto con la tradizione e così ammirevolmente semplificato gli studi. In questo modo, la gioventù termina rapidamente i suoi studi letterari e può consarcrare tutto il tempo alle materie serie e pratiche!...

Trad. di Raffaele Severi

giovedì 17 gennaio 2008

Jim Corcoran

Jim Corcoran è un cantautore canadese che pur essendo anglofono ha scelto con nostro grande piacere di cantare in francese. Il suo ultimo album è una perla di poesia e di buona musica e noi per questo lo ringraziamo. Prima di parlarne però ecco a voi due notizie su Jim.

"Si può descrivere il gentleman-cantante come un acrobata del verbo, giocoliere della rima e amante di una seconda lingua diventata prima; interprete sensibile, chitarrista autodidatta, musicista periferico e melomane maniaco; impedisce di pensare in modo conformistico, è un distinto erudito, animatore impegnato, umorista patentato, filosofo modesto; piccolo biondo dalla fronte lunare, con gli occhialini rotondi e il portamento stoico...!
Eric Moreault, Le Soleil, 2000.

James Corcoran nasce nel 1949. Dopo aver terminato i suoi studi secondari e un bacalaureato a Boston, alla fine degli anni sessanta l'ex seminarista torna nel suo Québec natale nel 1970 con l'idea di proseguire gli studi all'Università Bishop di Lennoxville, prima di diventare professore di latino. Avendo sviluppato un forte interesse per la musica, si esercita con la chitarra nelle ore libere. Nel 1972 forma un duo con il cantautore
Bertrand Gosselin e comincia a esibirsi in pubblico. I due compari diventano così le figure di prua della nuova canzone folk quebecchese degli anni '70.
Nel Febbraio 2005 esce questo disco meraviglioso che si intitola "Pages blanches" (Pagine Bianche).
Una delicatezza sorprendente, un amore della lingua raro e raffinato, una musica che trasporta lontano.

Chi volesse provare una piccola degustazione di questa meraviglia può andare in questo sito candese dove si possono ascoltare le sue canzoni e leggere i testi nell'originale francese.
Dopo questa brevissima presentazione vi lascio con la traduzione di una delle più belle canzoni dell'album, quella che gli da il titolo: Elogio della pagina bianca.

Quella pqgina era bella bianca
Lei era bianca
la sapeva lunga
prima che io la toccassi.

Il bianco di quella pagina
non aveva nulla di losco
non era muta prima di me.

E come le notti
che meritano il nostro silenzio
quella pagina avrebbe dovuto
restare bianca.

Lei era bella
era Lei
Lei era bianca.

Esercizio di penna
sulla schiena del bello
Il bianco è dirottato
dalla bic bavosa
Il vuoto attira
una piuma affrettata
Quella pagina era piena... bianca
Trad. di Raffaele Severi

martedì 15 gennaio 2008

L'etimologia della settimana 3

RICORDARE: da RE (di nuovo) + COR, CORDIS (Cuore). Rimettere nel cuore.
Una volta si credeva che la sede della memoria si trovasse nel cuore. Oggi sappiamo che non è così. Ma se il ricordo non risiedesse nel nostro cuore, potremmo forse chiamarlo ri-cor-do?
In nomine consequentia rerum!

Albert Robida 2


Albert scrive libri e li illustra fantasiosamente. Albert ci vede malissimo e dopo aver lavorato qualche anno presso un notaio annoiandosi a morte decide di dare sfogo alla propria creatività. Pubblica un libretto: "Il manuale del perfetto notaio" dove prende in giro il mestiere notarile e si fa licenziare su due piedi. Poco dopo inizia la sua carriera di illustratore presso alcune riviste, fonda anche una sua rivista e si mette a scrivere una quantità incredibile di libri, tutte storie semplici, storie d'amore, storie di uomini e donne che superano difficoltà prevedibili per poter passare la vita insieme. Le trame non sono straordinarie e certamente non scrive come Balzac, ma i suoi libri scorrono bene, le idee sono sempre fresche e originali, e nei suoi romanzi di anticipazione la sua lungimiranza nell'analizzare ciò che sarebbe successo molti anni dopo, oggi cioè, lascia ancora senza fiato il lettore contemporaneo.
Fra i tantissimi libri che Albert ha scritto voglio presentarvene solo alcuni, quelli più particolari e affascinanti.
Oggi parliamo del "Ventesimo secolo, La vita Elettrica". Questo è uno dei tre romanzi che compongono la sua trilogia di anticipazione: Le Vingtième Siècle (1883), La guerre au vingtième Siècle (1887) et La Vie électrique (1892).

In questo fantasmagorico romanzo si vedono sfilare cose straordinarie.
Bus e macchine volanti solcano i cieli di una Parigi ingigantita che possiede ben 51 arrondissements (quartieri). Tutto vola, ci sono perfino chalet aerei che salgono e ridiscendono a seconda delle ore del giorno per permettere ai clienti di godere di un panorama migliore.
Le persone comunicano fra loro con i telefonoscopi (detti anche Tele), enormi schermi piatti a muro dove si vede l'immagine in movimento dell'interlocutore e col quale si possono fare vere e proprie videochiamate e teleconferenze, seguire spettacoli trasmessi dai grandi teatri del globo e seguire perfino corsi universitari a distanza.
Le donne di questa società sono avvocate, dottoresse, ingegnere (sic); portano i pantaloni e fumano per la strada. Sono a capo di partiti politici, scienziate di fama internazionale... elettrici ed eleggibili. Tenete presente che quando il libro fu scritto le donne non avevano diritto di voto e non potevano studiare all'università. La strada per l'emancipazione era ancora lontana.
La guerra ha un'importanza notevole in questa società. Esistono cacciatorpedinieri volanti e alcuni scienziati sviluppano gas tossici da usare contro i nemici, arrivano perfino a creare una vera e propria arma batteriologica, con tanto di antidoto da distribuire ai propri soldati.
La società descritta è una società futura, molto molto vicina alla nostra.
Non manca in questa panoramica che così generosamente Albert ci offre, una critica feroce alla vita dei protagonisti che, secondo l'autore, dovrebbe svolgersi intorno agli anni '50 del 1900.
La rincorsa ai diplomi, la frenesia della vita elettrica che rende gli uomini simili alle bestie, lo snervamento dovuto al contatto con le macchine (congegni d'ogni sorta), il peso del denaro nelle decisioni di ordine pubblico. Insomma un quadro perfetto di quello che noi viviamo oggi.

Qui di seguito riporto la traduzione di un breve brano proprio su queste problematiche.

"L'altro compagno di viaggio, M. Adrien La Héronnière, non è fatto sul modello di Sulfatin, povero cristo! Guardate quest'uomo, gracile e magro, lungo piuttosto che alto, dagli occhi cavi protetti sotto l'occhialetto, dalle guance scavate sotto una fronte immensa, dal cranio rotondo e liscio simile a un uovo di struzzo posto in una specie di cotone rado e filaccioso, tutto ciò che resta della capigliatura, collegato da qualche ciuffo a una barba rada e bianca. Questa testa strana trema e oscilla costantemente nel colletto che sorregge il mento, si collega a un corpo lamentevole e macabro che ha l'apparenza d'uno scheletro vestito del quale ci si stupisce di non sentire sbattere e tintinnare le ossa al minimo soffio. Povero rottame umano, ah!, triste invalido civile, carcassa grinzosa, frantumata, triturata, macinata e scorticata per così dire, da tutti i feroci ingranaggi, le corregge infernali, i meccanismi dall'andatura frenetica di questa terribile macchineria della vita moderna. Per educazione, dareste a questo povero signore un po' meno di settant'anni, pensando di ringiovanirlo, ma, in verità, questo venerabile nonno ne ha solo quarantacinque! Si, Adrien La Héronnière è l'immagine perfetta, cioè spinta fino a un'esagerazione ideale, dell'uomo della nostra epoca anemizzata, snervata; è l'uomo del presente, è il triste e fragile animale umano che l'oltranza veramente elettrica della nostra esistenza trafelata e febbricitante consuma così velocemente, quando egli non ha la possibilità o la volontà di concedere, di tanto in tanto, un riposo al suo spirito stravolto da una tensione eccessiva e continua, e di andare a ritemprare il suo corpo e la sua anima, ogni anno, in un bagno di natura riparatore, nel riposo completo, lontano da Parigi, questo impietoso seviziatore di cervella, lontano dai centri d'affari, lontano dalle sue fabbriche, dai suoi uffici, dai suoi negozi, lontano dalla politica e soprattutto lontano da quei tirannici agenti sociali che ci rendono la vita così snervante e così dura, da tutti i Tele, da tutti i fono, da tutti quei dispositivi senza pietà, pistoni e motori della totalizzante vita elettrica in mezzo alla quale viviamo, corriamo, vogliamo e sospiriamo, trascinati in un formidabile e folgorante turbine! La profonda e lamentevole decadenza fisica delle razze troppo perfezionate appare nettamente presso questo sfortunato bipede che non ha quasi più sembianze umane. Esemplari simili del Re della creazione si incontrano oggi a migliaia nelle nostre grandi città, nei centri d'affari dove la vita moderna, con le sue terribili esigenze, devasta gli organismi snervati fin dalla nascita e poi sovraeccitati intellettualmente dalla cultura a oltranza del cervello, dalla serie ininterrotta di esami torturanti che si insegue, dall'inizio alla fine, dall'entrata all'uscita, in quasi tutte le carriere, per ottenere gli innumerevoli brevetti e diplomi indispensabili."
La vita elettrica (1892)

La traduzione è di Raffaele Severi.

Se volete leggere l'integralità di questo testo (disponibile solo in francese purtroppo, per il momento) potete recarvi sul sito della BNF (Bibliothèque Nationale de France), più esattamente su Gallica, dove il lettore francofono avrà il piacere di trovare alcuni dei libri del nostro Albert.
Ah, dimenticavo, inutile cercare i libri di Albert, non esistono, non sono più pubblicati da oltre ottanta anni, nemmeno in Francia. Dovrete accontentarvi delle poche versioni digitali gentilmente concesse dalla Biblioteca di Francia.
P.S. Una curiosità: il libro è dedicato a Angelo Mariani, amico di Robida. Chi di voi sa di chi si tratta? Forse in uno dei prossimi post parleremo anche di questo.

domenica 13 gennaio 2008

L'etimologia della settimana 2

DESIDERIO: Da DE + SIDUS, SIDERIS (stella). Il desiderio come dice l'etimologia, è la nostalgia nei confronti della nostra stella d'origine, la consapevolezza del fatto che siamo lontani dalla nostra fonte. Ciò che desideriamo è ciò che già abbiamo conosciuto prima. Anche le stelle fanno parte della nostra vita e chi dice il contrario non fa il conto con i propri desiderî.

giovedì 10 gennaio 2008

L'etimologia della settimana

Con questa rubrica apro un appuntamento settimanale con la mia amica etimologia.
Ogni settimana racconterò la storia di una parola, che spesso si confonde con la storia degli uomini. L'etimologia ha il potere, a volte, di dar luce alla realtà in cui viviamo e che spesso diventa banale sotto la banalità di parole abusate. Cerchiamo allora un piccolo raggio di luce.

COMPAGNO: dal latino CUM PANIS. Ricordiamo che il compagno è colui che con-divide il pane con l'altro. Quando pensiamo a qualcuno che definiamo compagno, immaginiamo una dolce serata invernale e due amici stanchi che mangiano un morso di pane.

Albert Robida (1848-1926)


Voglio innanzitutto presentarvi una persona: Albert Robida.
Albert è uno scrittore illustratore di Compiègne, piccola deliziosa città vicino a Parigi.
Chi è Robida? È un personaggio eclettico, un vulcano di idee geniali dette alla riunfusa. Non scrive benissimo e forse per questo è stato completamente dimenticato, ma scrive delle cose geniali e con una lungimiranza che lascia senza fiato.
Per questo motivo cerchiamo di riaprire quel cassetto dell'oblio che ce lo ha nascosto per più di cent'anni.
Per chi sa il francese e vuole farsi un'idea può dare un'occhiata qui.
Gli altri invece potranno leggere i post successivi tutti in italiano!